Davos - 20 gennaio 2023 _ 'La cooperazione in un mondo frammentato’ questo il titolo dell’edizione 2023 del World Economic Forum di Davos.
2.700 leader da 130 Paesi, fra cui 52 capi di Stato e governi europei, 57 ministri delle Finanze, 17 banchieri centrali. Un’edizione dei record, trainata soprattutto dalla riapertura delle frontiere e dalle minori cautele contro la pandemia.
Il Covid 19, la guerra in Ucraina, la crisi energetica, i cambiamenti climatici hanno profondamente inciso su vita e sviluppo del pianeta, con particolare riferimento ai paesi avanzati.
A Davos non si è parlato solo di ambiente e decarbonizzazione, ma si è preso atto dell’insieme dei legami che interconnettono ormai strettamente economia e politica con l’emergenza climatica.
Il deterioramento dell’ambiente è una questione geopolitica e non solo ecologica.
“Dopo il precipitare della crisi energetica in conseguenza del conflitto russo-ucraino – ha detto Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale dell’Energia - la principale spinta verso le fonti energetiche pulite, e quindi eolico, solare e anche nucleare”.
In quest’ottica, si è cercato di lavorare per una globalizzazione che sia prima di tutto sostenibile che pone in evidenza l’urgenza di decisioni rapide e coerenti e di linee guida mondiali per la transizione ambientale.
I problemi energetici determinati dalla guerra in Ucraina hanno evidenziato che l’80% dei paesi è dipendente dai combustibili fossili e che chi li controlla ha una spropositata forza di pressione se non di ricatto.
È quindi urgente avviare quella transizione energetica, tanto evocata e poco perseguita.
La prima esigenza è di contenere il riscaldamento climatico entro gli 1,5 gradi, aumentando a 4 miliardi gli investimenti nelle energie pulite in modo da ridurre, se non azzerare il fabbisogno di carbone, petrolio e gas”.
facendo affidamento alla collaborazione di tutti, per combattere quella “frammentazione” che è stato l’argomento principe di questa edizione del World Economic Forum.
Le diseguaglianze sociali dopo la pandemia sono aumentate.
Per la prima volta in 25 anni i più ricchi sono diventati ancora più ricchi e allo stesso tempo sono aumentati i poveri.
Con tali premesse e con la recessione alle porte, si rischia che lo Stato Sociale rimanga un lontano proposito.
In questo contesto era atteso l’intervento di Christine Lagarde, presidente della Bce.
Contro l'inflazione "faremo ciò che è necessario – è quello che ha ribadito- La Banca Centrale Europea manterrà la rotta della politica monetaria.
“La Cina si sta risvegliando – ha ammonito Lagarde - e comprerà più gas naturale liquefatto, in un mercato che non ha molta capacità produttiva inutilizzata di petrolio e gas. Ci saranno più pressioni inflazionistiche. Le prospettive per l'economia mondiale sono migliorate ma dobbiamo essere cauti”.
Dopo un anno in cui il sostegno all'economia è aumentato a causa delle difficoltà internazionali, la presidente della Bce ha espresso l’auspicio che le politiche di bilancio che i governi mondiali vorranno adottare non spingano la banca centrale a insistere, e addirittura rafforzare, la politica dei rialzi dei tassi.
Silvio Damiani