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Deforestazione, emissioni, cambiamento climatico

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Si è celebrata nel mondo La Giornata internazionale delle foreste 2024

Roma - 21 marzo 2024 _ Oggi è la Giornata mondiale delle foreste. Per la quattordicesima volta da quando l’Onu l’ha istituita nel 2012, il mondo dedica una speciale attenzione alle foreste: alla bellezza avvolgente di insiemi di vegetazione, all’emozionante cromatismo di foglie e fiori, al beneficio che il bosco dà all’atmosfera, all’equilibrio biologico, alla vita sul pianeta. E, per altro verso, alla preoccupazione per la riduzione della superficie coperta dalle foreste, per lo sconvolgimento climatico, per la distruzione di habitat insostituibili.

Eppure in questi 13 anni la nostra attenzione non ha modificato l’insulso sfruttamento delle foreste, l’assalto agli spazi verdi da tramutare in attività produttive o ad aree abitative.

Le foreste coprono il 31% del suolo terrestre pari a 4,1 miliardi di ettari, assorbono l’anidride carbonica, che le attività umane emettono in misura crescente, generano l’ossigeno che respiriamo; giungle e boschi mitigano le escursioni termiche e, più in generale, i cambiamenti climatici, controllano l’erosione, ospitano l’80% della biodiversità terrestre, forniscono materia prima per costruzioni e mobili, danno rifugio e protezione alla vita, forniscono mezzi di sussistenza a centinaia di milioni di persone. 

Eppure negli ultimi 30 anni sono stati distrutti 178 milioni di ettari di foreste con una diminuzione del 4,2%. L’allarme è suonato, ma continua ad essere ignorato.

I sistemi industriali temono di perdere punti di Pil, di rallentare la rincorsa al predominio economico, ma pagano un prezzo sempre più alto per i danni che provocano.

L'espansione della produzione agricola per la produzione di soia, carne e olio di palma in primo luogo, oltre che di cacao, gomma, caffè e legno erode la foresta: ogni anno cinque milioni di ettari di foreste tropicali svaniscono. E non assorbono più anidride carbonica. 

Ma l’aumento di emissioni è reso ancora più tragico dalla produzione e dal commercio dei prodotti delle nuove aree agricole che causano un ulteriore terzo in più di produzione di CO2.

Di fronte al periodico allarme sulla diminuzione delle foreste, sulla continua fa molto comodo puntare il dito sulle politiche di conversione in coltivazioni e pascoli, ad esempio in Brasile, ma, come il problema delle emissioni di COè universale, allo stesso modo vanno condivise le responsabilità sulle cause.

La deforestazione è un fenomeno trascurabile in Europa, ma non è detto che i comportamenti dei paesi europei non influiscano, anche solo indirettamente, sulla contrazione degli spazi forestali.

Ecco quindi che, nelle analisi del problema, è necessario introdurre la nuova variabile della deforestazione incorporata, che è una conseguenza della produzione di beni consumati in altre zone geografiche.

L'Unione europea è un grande importatore di prodotti che sono causa diretta della deforestazione: il famigerato olio di palma, il caffè e poi carne e latticini. Insomma i consumi sono una concausa e i cittadini sensibili, chiamiamoli ambientalisti, attivisti contro il cambio climatico, gretini, non possono limitarsi a protestare contro Bolsonaro e poi consumare prodotti con olio di palma, mangiare troppa carne e bere caffè.

Ludovico Tallarita

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