Buenos Aires, 20 novembre 2023-Javier Milei, classe 1970, figlio di un imprenditore dei trasporti e di una casalinga ( con cui ha rotto i rapporti da tempo), economista devoto alle teorie di Milton Friedman, il prossimo 10 dicembre giurerà come nuovo Presidente della Repubblica Argentina.
Ha vinto le elezioni presidenziali al ballottaggio con il 56% sconfiggendo il candidato “peronista” Sergio Massa, attuale ministro dell'economia in carica del Presidente uscente, che invece al primo turno era in testa ai risultati. La vice-presidenza andrà a Victoria Villaruel, figlia di un militare che era collegato al sistema di potere della giunta golpista che ha guidato il paese andino tra fine anni ‘70 e primi anni ’80.
“Sarò trasparente, concittadini, la situazione del nostro Paese è drammatica. Abbiamo dei problemi strutturali come la inflazione e la stagflazione, la povertà e la percezione di insicurezza, ma per risolvere questi problemi non ci inventeremo niente di nuovo, faremo quello che si fa in altri Paesi, come ad esempio hanno fatto in Irlanda nel 2008. Torneremo ad essere una potenza mondiale”. Con queste parole Milei ha di fatto iniziato la sua esperienza di presidente in pectore non appena il suo rivale ha annunciato la sconfitta.
foto di Diego Arriaza su Unplash
Milei nel suo programma elettorale ha diverse proposte che sono un mix di ultraliberismo, conservatorismo e altre decisamente “singolari”. Tra queste ultime va annoverata la proposta della liberalizzazione economica della vendità degli organi, qualcosa che potrebbe avere delle conseguenze imprevedibili. Quelle “più ortodosse” sono la abolizione della Banca centrale argentina e l'adozione come moneta ufficiale del Dollaro americano. Una idea non totalmente nuova nel sistema argentino, già praticata in qualche maniera tra fine anni ‘80 e inizio anni ’90 da un predecessore di Milei, anche lui esponente populista, Carlos Menem, che ancorò per diverso tempo il cambio della moneta argentina a quello della valuta statunitense.
Il Sud America torna, dopo quasi un anno ad avere di nuovo un Presidente populista di stampo “trumpiano”, dopo la sconfitta in Brasile a dicembre 2022 di Jair Bolsonaro, che aveva governato per 4 anni il paese verde-oro in un clima sociale diviso e contestato. Difficile comprendere se l'Argentina vivrà invece una “riconciliazione” dopo una campagna presidenziale aspra come quella che si è chiusa e soprattutto se il nuovo Capo dello Stato attuerà tutte le sue proposte o invece cercherà di concordare con il Parlamento una serie di misure condivise.