La seconda giornata di guerra che Hamas ha scatenato contro Israele parte con dei colpi di mortaio degli Hezbollah verso lo stato israeliano al confine vicino le “Sheba farms”. E’ un modo per gli alleati di Hamas di esporsi ma in maniera tale da non creare nessun tipo di particolare reazione israeliana o è il preludio di una apertura di fronte a nord che potrebbe significare l’avvio di una guerra medio-orientale vecchio stampo?
Al momento non è certo che cosa possa succedere ma vi è una relativa sicurezza che dietro gli attacchi di Hamas ci sia in maniera palese la Repubblica Islamica dell’Iran. Non si spiega altrimenti la presenza di droni di fabbricazione persiana nello scenario di guerra o il numero incredibile di batterie missilistiche usate nel primo giorno di guerra.
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Del resto è lo stesso Capo Politico di Hamas, Ismail Hanynieh ad ammetterlo con una dichiarazione che è stata fatta pervenire tramite portavoce alla BBC di queste ultime ore in cui afferma che “l’Iran ci sta sostenendo”.
Nel pomeriggio dell’8 ottobre tutto pare pronto per l’ingresso dei tank israeliani nella Striscia di Gaza e per una massiccia campagna aerea. L’invito sia alla popolazione palestinese presente nella Striscia che ai cittadini israeliani che vivono ai confini con essa ad abbandonare le proprie abitazioni è chiaramente un messaggio molto limpido sulla intenzione dell’IDF di portare a termine una “messa in sicurezza” definitiva della zona.
Il rischio di una escalation ampia che coinvolga i palestinesi della Cisgiordania è sempre presente, considerata anche la reazione dell’Autorità Nazionale Palestinese che ha chiesto una riunione di urgenza della Lega Araba per “denunciare la rappresaglia israeliana”.
A Tel Aviv il Premier Netanyahu ha offerto ai leader delle due principali forze di opposizione, Gantz e Lapid di entrare in un esecutivo di Unità Nazionale. L’invito non è stato declinato dai due esponenti politici ma Lapid ha chiesto che venissero estromessi dal governo i due esponenti dei partiti della destra estremista e religiosa che hanno nella figura di Itmar Giv, il loro massimo esponente, come titolare del dicastero della Sicurezza Nazionale ( ruolo evidentemente non ben ricoperto in questi mesi…).
Il premier non ha sciolto la riserva su ciò ma se da una parte tale scelta lo costringerebbe a “congelare” il progetto di riforma giudiziaria dall’altra gli permetterebbe di scaricare due formazioni politiche che stanno diventando una “palla al piede” per il suo governo.
Al momento si contano 600 morti israeliani e 300 palestinesi. Un capitolo a parte merita la scelta di Hamas di praticare rapimenti, esecuzioni sommarie e altre atrocità verso civili israeliani ma anche di altre nazionalità; scelta che tra ieri e oggi avrebbe comportato la presenza di 100 persone in ostaggio da parte dei terroristi di Gaza.
Le scene raccapriccianti che stanno girando sui social network in merito a questo ultimo aspetto della guerra non depongono certamente a favore della battaglia palestinese per un riconoscimento internazionale ma rischiano di essere la pietra tombale di ogni possibile rivendicazione, al netto delle prese di posizione di facciata che nei prossimi giorni un po' tutti i Paesi della Lega Araba dovranno assumere per salvare la faccia con le loro opinioni pubbliche.